La Leggenda dei venti
Il soffiatore, narra, l’origine mitologica dei venti, identificandoli per come oggi vengono classificati.
Descrivendone le caratteristiche peculiari che li contraddistingue, il loro nome, la loro direzione, in base ai punti cardinali per come rappresentato nella rosa dei venti.
La loro invisibilità e impalpabilità, tuttavia, non ha impedito all’uomo di riconoscerli, individuandoli con il loro specifico nome e a tenerli nella dovuta considerazione.
Le isole Eolie o Lipari nella mitologia greca erano il regno di Eolo, dio e custode dei venti, del dio Vulcano (Efesto) e dei Ciclopi.
Eolo era figlio di Poseidone ed Arne ed ebbe, da Zeus, il compito di controllare i venti.
Esso nella sua qualità di principe, governava una colonia sulle isole Eolie.
Era molto famoso, e raggiunse una certa fama, in conseguenza alla sua sagacia, perchè riusciva a prevedere il tempo in dipendenza della forma delle nubi e di vapori che sovrastavano un vulcano attivo, probabilmente lo Stromboli.
La primaria credenza, era che tutti i venti abitavano in Tracia, secondo una tradizione successiva, nell’ isola di Lipari, sotto la custodia di Eolo, che viveva in una caverna sul mare con la moglie, sei figli e sei figlie.
Dal suo nome le isole furono anche dette Eolie.
Secondo la mitologia greca Eolo dirigeva e li liberava i venti custodendoli dentro le caverne e dentro un otre a Lipari.
Per decisione di Zeus, i venti, furono affidati a Eolo, affinchè venissero tenuti sotto controllo, allorquando, durante le loro scorribande fra i tanti danni provocati, distaccarono la Sicilia dal continente.
Tra questi c’erano quattro fratelli che rappresentavano i venti principali: Borea, il più violento, vento del nord che per amore delle cavalle di Dardano si trasformò in cavallo e generò dodici puledri veloci come il vento; Zefiro, vento dell’ovest, dolce e benefico che annuncia la primavera; Euro, vento dell’est, a volte tempestoso e a volte asciutto che portava bel tempo; Austro, (Ostro) vento del sud, caldissimo e apportatore di pioggia, raffigurato sempre bagnato.
Altri venti sono: Libeccio, vento del sud ovest avvolto dalla nebbia; Cecia, vento del nord est, vecchio con coda di serpente e un piatto di olive in mano; Apeliotes, vento del sud est nelle mani del quale c’erano frutti maturi; Schirone, vento del nord ovest con un’urna piena d’acqua pronta ad essere rovesciata sulla terra.
Eolo ebbe dodici figli, sei femmine e sei maschi che si unirono tra loro creando altri venti.
Fu proprio nelle isole Eolie, secondo il racconto di Omero, che Eolo ospitò il mitico Ulisse quando questi approdò nell’arcipelago siciliano e, commosso dal racconto di costui, gli regalò un otre di pelle dentro la quale erano rinchiusi i venti contrari alla navigazione.
Ulisse, terminato il suo soggiorno a Eolia, imbarcò l’otre e salpò verso Itaca, facendo soffiare solo il dolce Zefiro ma mentre l’eroe dormiva, i suoi compagni di navigazione, convinti che l’otre fosse piena di tesori, l’aprirono liberandone i venti che scatenarono una terribile tempesta che fece perdere alla nave la strada del ritorno quando ormai erano in vista delle coste natie e respingendo l’imbarcazione nuovamente indietro.
'Arrivammo all'isola Eolia. Qui abitava Eolo, figlio di Ippote, caro agli dei immortali. ........ Per un mese intero mi ospitava e mi faceva domande su ogni cosa, su Ilio e le navi degli Argivi e il ritorno degli Achei. ........ Mi diede un otre di pelle, scorticava un bue di nove anni, e dentro vi legò i viaggi dei venti mugghianti. Poi legava l'otre in fondo alla nave con una lucida funicella d'argento, perchè non ne sfuggisse un soffio, anche per poco. Per nove giorni navigammo, dì e notte, e nel decimo ormai appariva la terra dei padri, e già vedevamo gli uomini tener vivi i fuochi: erano vicini. Allora un dolce sonno mi venne addosso, stanco com'ero. E i compagni parlavano tra loro e dicevano che io mi portavo a casa oro e argento, i doni avuti dal magnanimo Eolo. ...... Slegarono l'otre, i venti tutti sbalzarono fuori. E subito li afferrava la procella e li portava in alto mare, tra pianti, lontano dalla terra dei padri. E le navi erano portate da una maligna tempesta di vento ancora all'isola Eolia: piangevano i compagni.'
Per i Greci e i Romani, grande importanza avevano i venti, in quanto, essi scandivano la loro vita nelle principali attività: agricoltura, commercio e navigazione.
Pertanto, i racconti mitologici sono ricchi di rappresentazioni di questi importanti elementi naturali.
Vi erano venti, in particolare quelli derivati da Tifone, mostro capace con il soffio infuocato di portare scompiglio e distruzione, che erano contrari all’uomo.
Il mito dell’Etna si collega direttamente a quello di Tifone.
Quando Zeus scaraventò i Titani nel Tartaro essi non si diedero per vinti.Tartaro, per vendetta, si unì con Gea e procreò Tifone, mostro orribile, alto come le montagne, che aveva torso e braccia d'uomo, ma cento teste di serpente. Nessun altro gigante poteva competere con Tifone per statura e forza: era alato e dalle bocche delle sue cento teste gettava fuoco e mandava ruggiti e sibili.Il mito narra che quando gli Dei videro arrivare Tifone sull'Olimpo scapparono tutti tranne Zeus e Atena.
Zeus, allora, scagliò alcuni fulmini contro Tifone e lo colpì con una falce d'acciaio, affinché non potesse contrastare la sua sovranità.
Benchè ferito Tifone riuscì tuttavia ad avere la maglio su Zeus: avvolto nelle spire dei serpenti, non poté più difendersi e si lasciò strappare da Tifone la falce. Con la falce Tifone amputò a Zeus i tendini delle mani, lo trasportò in una grotta della Cilicia, e nella medesima grotta nascose i tendini, avvolti in una pelle d'orso. Ermes ed Agipan, però, rubarono i tendini e li restituirono a Zeus, il quale riapparve in cielo in un carro tirato da cavalli alati e riprese il combattimento con Tifone.
La lotta durò a lungo ma alla fine Zeus lo incatenò supino sotto l'isola di Sicilia che egli, con la sua mole, occupò tutta, da Capo Peloro a Capo Pachino e sino al Lilibeo e sulla testa di mezzo gli pose come peso il cono dell'Etna.Il mito narra che Tifone rimase per sempre sepolto sotto l'Etna così ogniqualvolta si scuote nel tentativo di liberarsi fa tremare la terra che lo sovrasta, mentre dalla bocca vomita fuoco e fiamme, e sputa cenere e lapilli.
I più importanti, da conoscere, a garanzia di tranquillità durante la navigazione, si diceva fossero i figli di Astreo (il Cielo stellato) e di Eos (l'Aurora); erano quattro: Borèa dal nord, Noto dal sud, Zefiro da ovest ed Euro da sud-est.
Borea od Aquilone, considerato come il soffio stesso di Zeus, è un vento impetuoso che spira dal nord con grande forza, particolarmente venerato dagli Ateniesi, convinti che avesse provveduto, con un tremendo uragano, a sgominare la flotta di Serse, il re persiano che minacciava la Grecia con una colossale spedizione.
Il soffio di Borèa faceva tremare la terra ed agitare il mare, per questo si diceva, in un’antica leggenda attica, che fosse rapitore di fanciulle, si raccontava appunto di Orizia figlia Eretteo, rapita da Borèa mentre stava giocando sulle rive dell’Illisso. Essa divenne poi, dopo questo rapimento, madre delle Boreadi (Calai e Zete), ricordate nella storia degli Argonauti.
Noto, l'umido vento del sud, porta le piogge e rende difficoltosa la navigazione in certi periodi dell'anno.
Zefiro, che aveva generato Xanto e Balio, ossia i due cavalli di Achille, chiamato dai Romani Favonio, è particolarmente gradito perché annuncia la primavera e la bella stagione, favorendo la germinazione delle sementi e la ripresa della natura dal lungo sonno invernale.
Euro, infine, che i Romani chiamavano Vulturno, soffia da sud-est e porta ora la siccità, ora le piogge.
Pure i venti secondari erano tenuti in giusta considerazione, poiché avevano il potere di provocare anch'essi effetti diversi.
Rappresentati in forma umana, con le ali e con le guance vistosamente gonfie nell'emettere un soffio potente, sono altri quattro: Caecias o Aquilone dal nord-est, Apeliotes dall'est, Lips o Africo (poi conosciuto come Libeccio) dal sud-ovest, e Skyron dall'ovest o nord-ovest.
Otto dunque (quante ne vennero raffigurate nell'edificio costruito ad Atene nel I sec. a. C., la cosiddetta Torre dei Venti) le creature quasi divine tenute in gran conto e onorate dalla gente di mare, per la quale sempre hanno avuto precipua importanza, tanto che nella religione romana i venti e le affini tempestates erano collegati al culto di Nettuno.
La Torre dei Venti di Atene - costruita nella prima metà del I sec. a.C. dall'astronomo Andronico di Kyrrhos in Macedonia - è un edificio ottagonale di marmo bianco, di cui ciascun lato, di 3.20 m di lunghezza, è sormontato da un bassorilievo con la raffigurazione di un vento.
Al culmine della Torre si trovava un tritone di bronzo che girava al soffiare del vento e si fermava secondo la direzione di questo, in corrispondenza della figura pertinente nel rilievo.
Sepolta dal terriccio nel corso dei secoli, fu riportata alla luce verso la metà dell'Ottocento dalla Società Archeologica Greca, ed è stata sottoposta a restauri nel 1916-1919 e nel 1976.
Per gli antichi greci, anche i venti erano oggetto di culto, in particolare per chi doveva intraprendere dei viaggi via mare e quindi cercava di propiziarseli con preghiere e sacrifici.
L’arcipelago delle isole Eolie è situato nel mar Tirreno meridionale, sul lato nord orientale della Sicilia.
Le loro coste, nonché il mare sono di incomparabile bellezza con paesaggi di eccezionale e particolare incanto.
La caratteristica, segno inequivocabile della loro origine vulcanica sono: il fango bollente a Vulcano; le isolette e gli scogli che emergono un pò ovunque dal mare; le sorgenti di acqua calda; le bolle gassose che spruzzano l’acqua marina a diversi metri d’ altezza; le grotte di lava nera, sulle cui pareti si ammirano riflessi iridescenti; rocce di varie forme, che ricordano colonne, guglie, pennacoli; per non parlare poi degli scogli, annomati in dipendenza della loro forma: dattilo o dito, rivolto verso il cielo; le formiche: la lisca bianca; la Lisca Nera; Mastro Cilivrasi che dà l’idea di un uomo avvolto in un mantello, con il viso rivolto verso l’alto.
Veramente tante, le leggende esistenti su questi splendidi posti; ogni grotta e antro è ricordato come la dimora di un mostro marino: Filicudi era forse l’isola galleggiante di Eolo; nel cono nero di Vulcano cavalcò il cavallo di Teodorico, re dei Goti, che si spinse sull’orlo del cratere e precipitò con il suo cavaliere in un mare di fuoco.
Il soffiatore, narra, l’origine mitologica dei venti, identificandoli per come oggi vengono classificati.
Descrivendone le caratteristiche peculiari che li contraddistingue, il loro nome, la loro direzione, in base ai punti cardinali per come rappresentato nella rosa dei venti.
La loro invisibilità e impalpabilità, tuttavia, non ha impedito all’uomo di riconoscerli, individuandoli con il loro specifico nome e a tenerli nella dovuta considerazione.
Le isole Eolie o Lipari nella mitologia greca erano il regno di Eolo, dio e custode dei venti, del dio Vulcano (Efesto) e dei Ciclopi.
Eolo era figlio di Poseidone ed Arne ed ebbe, da Zeus, il compito di controllare i venti.
Esso nella sua qualità di principe, governava una colonia sulle isole Eolie.
Era molto famoso, e raggiunse una certa fama, in conseguenza alla sua sagacia, perchè riusciva a prevedere il tempo in dipendenza della forma delle nubi e di vapori che sovrastavano un vulcano attivo, probabilmente lo Stromboli.
La primaria credenza, era che tutti i venti abitavano in Tracia, secondo una tradizione successiva, nell’ isola di Lipari, sotto la custodia di Eolo, che viveva in una caverna sul mare con la moglie, sei figli e sei figlie.
Dal suo nome le isole furono anche dette Eolie.
Secondo la mitologia greca Eolo dirigeva e li liberava i venti custodendoli dentro le caverne e dentro un otre a Lipari.
Per decisione di Zeus, i venti, furono affidati a Eolo, affinchè venissero tenuti sotto controllo, allorquando, durante le loro scorribande fra i tanti danni provocati, distaccarono la Sicilia dal continente.
Tra questi c’erano quattro fratelli che rappresentavano i venti principali: Borea, il più violento, vento del nord che per amore delle cavalle di Dardano si trasformò in cavallo e generò dodici puledri veloci come il vento; Zefiro, vento dell’ovest, dolce e benefico che annuncia la primavera; Euro, vento dell’est, a volte tempestoso e a volte asciutto che portava bel tempo; Austro, (Ostro) vento del sud, caldissimo e apportatore di pioggia, raffigurato sempre bagnato.
Altri venti sono: Libeccio, vento del sud ovest avvolto dalla nebbia; Cecia, vento del nord est, vecchio con coda di serpente e un piatto di olive in mano; Apeliotes, vento del sud est nelle mani del quale c’erano frutti maturi; Schirone, vento del nord ovest con un’urna piena d’acqua pronta ad essere rovesciata sulla terra.
Eolo ebbe dodici figli, sei femmine e sei maschi che si unirono tra loro creando altri venti.
Fu proprio nelle isole Eolie, secondo il racconto di Omero, che Eolo ospitò il mitico Ulisse quando questi approdò nell’arcipelago siciliano e, commosso dal racconto di costui, gli regalò un otre di pelle dentro la quale erano rinchiusi i venti contrari alla navigazione.
Ulisse, terminato il suo soggiorno a Eolia, imbarcò l’otre e salpò verso Itaca, facendo soffiare solo il dolce Zefiro ma mentre l’eroe dormiva, i suoi compagni di navigazione, convinti che l’otre fosse piena di tesori, l’aprirono liberandone i venti che scatenarono una terribile tempesta che fece perdere alla nave la strada del ritorno quando ormai erano in vista delle coste natie e respingendo l’imbarcazione nuovamente indietro.
'Arrivammo all'isola Eolia. Qui abitava Eolo, figlio di Ippote, caro agli dei immortali. ........ Per un mese intero mi ospitava e mi faceva domande su ogni cosa, su Ilio e le navi degli Argivi e il ritorno degli Achei. ........ Mi diede un otre di pelle, scorticava un bue di nove anni, e dentro vi legò i viaggi dei venti mugghianti. Poi legava l'otre in fondo alla nave con una lucida funicella d'argento, perchè non ne sfuggisse un soffio, anche per poco. Per nove giorni navigammo, dì e notte, e nel decimo ormai appariva la terra dei padri, e già vedevamo gli uomini tener vivi i fuochi: erano vicini. Allora un dolce sonno mi venne addosso, stanco com'ero. E i compagni parlavano tra loro e dicevano che io mi portavo a casa oro e argento, i doni avuti dal magnanimo Eolo. ...... Slegarono l'otre, i venti tutti sbalzarono fuori. E subito li afferrava la procella e li portava in alto mare, tra pianti, lontano dalla terra dei padri. E le navi erano portate da una maligna tempesta di vento ancora all'isola Eolia: piangevano i compagni.'
Per i Greci e i Romani, grande importanza avevano i venti, in quanto, essi scandivano la loro vita nelle principali attività: agricoltura, commercio e navigazione.
Pertanto, i racconti mitologici sono ricchi di rappresentazioni di questi importanti elementi naturali.
Vi erano venti, in particolare quelli derivati da Tifone, mostro capace con il soffio infuocato di portare scompiglio e distruzione, che erano contrari all’uomo.
Il mito dell’Etna si collega direttamente a quello di Tifone.
Quando Zeus scaraventò i Titani nel Tartaro essi non si diedero per vinti.Tartaro, per vendetta, si unì con Gea e procreò Tifone, mostro orribile, alto come le montagne, che aveva torso e braccia d'uomo, ma cento teste di serpente. Nessun altro gigante poteva competere con Tifone per statura e forza: era alato e dalle bocche delle sue cento teste gettava fuoco e mandava ruggiti e sibili.Il mito narra che quando gli Dei videro arrivare Tifone sull'Olimpo scapparono tutti tranne Zeus e Atena.
Zeus, allora, scagliò alcuni fulmini contro Tifone e lo colpì con una falce d'acciaio, affinché non potesse contrastare la sua sovranità.
Benchè ferito Tifone riuscì tuttavia ad avere la maglio su Zeus: avvolto nelle spire dei serpenti, non poté più difendersi e si lasciò strappare da Tifone la falce. Con la falce Tifone amputò a Zeus i tendini delle mani, lo trasportò in una grotta della Cilicia, e nella medesima grotta nascose i tendini, avvolti in una pelle d'orso. Ermes ed Agipan, però, rubarono i tendini e li restituirono a Zeus, il quale riapparve in cielo in un carro tirato da cavalli alati e riprese il combattimento con Tifone.
La lotta durò a lungo ma alla fine Zeus lo incatenò supino sotto l'isola di Sicilia che egli, con la sua mole, occupò tutta, da Capo Peloro a Capo Pachino e sino al Lilibeo e sulla testa di mezzo gli pose come peso il cono dell'Etna.Il mito narra che Tifone rimase per sempre sepolto sotto l'Etna così ogniqualvolta si scuote nel tentativo di liberarsi fa tremare la terra che lo sovrasta, mentre dalla bocca vomita fuoco e fiamme, e sputa cenere e lapilli.
I più importanti, da conoscere, a garanzia di tranquillità durante la navigazione, si diceva fossero i figli di Astreo (il Cielo stellato) e di Eos (l'Aurora); erano quattro: Borèa dal nord, Noto dal sud, Zefiro da ovest ed Euro da sud-est.
Borea od Aquilone, considerato come il soffio stesso di Zeus, è un vento impetuoso che spira dal nord con grande forza, particolarmente venerato dagli Ateniesi, convinti che avesse provveduto, con un tremendo uragano, a sgominare la flotta di Serse, il re persiano che minacciava la Grecia con una colossale spedizione.
Il soffio di Borèa faceva tremare la terra ed agitare il mare, per questo si diceva, in un’antica leggenda attica, che fosse rapitore di fanciulle, si raccontava appunto di Orizia figlia Eretteo, rapita da Borèa mentre stava giocando sulle rive dell’Illisso. Essa divenne poi, dopo questo rapimento, madre delle Boreadi (Calai e Zete), ricordate nella storia degli Argonauti.
Noto, l'umido vento del sud, porta le piogge e rende difficoltosa la navigazione in certi periodi dell'anno.
Zefiro, che aveva generato Xanto e Balio, ossia i due cavalli di Achille, chiamato dai Romani Favonio, è particolarmente gradito perché annuncia la primavera e la bella stagione, favorendo la germinazione delle sementi e la ripresa della natura dal lungo sonno invernale.
Euro, infine, che i Romani chiamavano Vulturno, soffia da sud-est e porta ora la siccità, ora le piogge.
Pure i venti secondari erano tenuti in giusta considerazione, poiché avevano il potere di provocare anch'essi effetti diversi.
Rappresentati in forma umana, con le ali e con le guance vistosamente gonfie nell'emettere un soffio potente, sono altri quattro: Caecias o Aquilone dal nord-est, Apeliotes dall'est, Lips o Africo (poi conosciuto come Libeccio) dal sud-ovest, e Skyron dall'ovest o nord-ovest.
Otto dunque (quante ne vennero raffigurate nell'edificio costruito ad Atene nel I sec. a. C., la cosiddetta Torre dei Venti) le creature quasi divine tenute in gran conto e onorate dalla gente di mare, per la quale sempre hanno avuto precipua importanza, tanto che nella religione romana i venti e le affini tempestates erano collegati al culto di Nettuno.
La Torre dei Venti di Atene - costruita nella prima metà del I sec. a.C. dall'astronomo Andronico di Kyrrhos in Macedonia - è un edificio ottagonale di marmo bianco, di cui ciascun lato, di 3.20 m di lunghezza, è sormontato da un bassorilievo con la raffigurazione di un vento.
Al culmine della Torre si trovava un tritone di bronzo che girava al soffiare del vento e si fermava secondo la direzione di questo, in corrispondenza della figura pertinente nel rilievo.
Sepolta dal terriccio nel corso dei secoli, fu riportata alla luce verso la metà dell'Ottocento dalla Società Archeologica Greca, ed è stata sottoposta a restauri nel 1916-1919 e nel 1976.
Per gli antichi greci, anche i venti erano oggetto di culto, in particolare per chi doveva intraprendere dei viaggi via mare e quindi cercava di propiziarseli con preghiere e sacrifici.
L’arcipelago delle isole Eolie è situato nel mar Tirreno meridionale, sul lato nord orientale della Sicilia.
Le loro coste, nonché il mare sono di incomparabile bellezza con paesaggi di eccezionale e particolare incanto.
La caratteristica, segno inequivocabile della loro origine vulcanica sono: il fango bollente a Vulcano; le isolette e gli scogli che emergono un pò ovunque dal mare; le sorgenti di acqua calda; le bolle gassose che spruzzano l’acqua marina a diversi metri d’ altezza; le grotte di lava nera, sulle cui pareti si ammirano riflessi iridescenti; rocce di varie forme, che ricordano colonne, guglie, pennacoli; per non parlare poi degli scogli, annomati in dipendenza della loro forma: dattilo o dito, rivolto verso il cielo; le formiche: la lisca bianca; la Lisca Nera; Mastro Cilivrasi che dà l’idea di un uomo avvolto in un mantello, con il viso rivolto verso l’alto.
Veramente tante, le leggende esistenti su questi splendidi posti; ogni grotta e antro è ricordato come la dimora di un mostro marino: Filicudi era forse l’isola galleggiante di Eolo; nel cono nero di Vulcano cavalcò il cavallo di Teodorico, re dei Goti, che si spinse sull’orlo del cratere e precipitò con il suo cavaliere in un mare di fuoco.
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